Il pozzo di San Patrizio: un viaggio in altre dimensioni

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MONUMENTI STORIA

Quel pozzo che avvolge, sfiorando l’abisso

Il pozzo di San Patrizio - La cima

Foto di Alessandra Monoriti

Quello che la natura ha negato per la difesa, l’ingegno dell’uomo ha risolto: così leggiamo in una targa apposta all’entrata del pozzo di San Patrizio. Un capolavoro di ingegneria rinascimentale che rappresenta una delle maggiori attrattive di Orvieto. Si trova a pochi passi dalla stazione della funicolare che dalla stazione porta sulla rupe, più precisamente a Piazza Cahen. Insieme alla Fortezza dell’Albornoz dà il benvenuto a chi arriva in città, desideroso di conoscerla fin dentro le sue viscere.

Il Pozzo di San Patrizio - vista dall'alto

Come nasce il Pozzo di San Patrizio

Dopo il “sacco di Roma”, avvenuto per opera dei lanzichenecchi, papa Clemente VII scappò nella vicina Orvieto, che grazie alla sua posizione rappresentava un rifugio sicuro. Quella rocca, dall’aspetto così inespugnabile, aveva però bisogno di approvvigionamenti d’acqua in caso di assedio o calamità. Fu per questo motivo che il pontefice commissionò la costruzione di un pozzo al suo architetto di fiducia. Antonio da Sangallo il Giovane iniziò i lavori della sua opera nel 1527, per terminarli dieci anni dopo. Gli scavi nel tufo furono molto accurati, perché mentre raggiungevano l’attuale profondità di quasi 54 metri incontrarono anche alcune tombe etrusche. Un piccolo errore avrebbe compromesso l’intera struttura. Ma la vera intuizione geniale del Sangallo fu la progettazione di due rampe di scale elicoidali indipendenti: una per la discesa e una per la salita. Il suo ingegno fu ispirato probabilmente dal sistema architettonico della scala della Villa del Belvedere in Vaticano.

Il pozzo di San Patrizio - Orvieto

Una geniale intuizione diventa realtà

Il pozzo, all’inizio battezzato come “Pozzo della Rocca”, era stato concepito di grandi dimensioni. Col suo diametro di 13 metri non offriva certamente la possibilità di attingere acqua col classico metodo del secchio appeso a una fune. Era necessario dunque delegare questo compito ad animali da soma, che una volta arrivati in fondo si fermavano sul ponticello dove venivano caricati di borracce. Grazie al sistema elicoidale del Sangallo i muli non s’incontravano mai, e i due flussi potevano circolare liberamente in qualsiasi momento senza intralciarsi. Anche gli ampi scalini, 248 per rampa, con la loro lieve pendenza erano stati studiati per agevolarne il passaggio. L’illuminazione era facilitata dalla presenza di 72 finestroni e dal lucernario situato alla sommità del monumento. Quando si entra all’interno del pozzo ci si rende conto immediatamente che ogni senso viene inevitabilmente coinvolto.

Pozzo di San Patrizio - Scalinata

Foto di Alessandra Monoriti

Un viaggio in altre dimensioni

Visitarlo oggi dà la sensazione di raggiungere l’anima più scura e affascinante della città. Veder apparire volti dai finestroni che poi non si incrociano mai alimenta la suggestione di essere in un’altra o più dimensioni. Forse tante quante sono gli strati di storia che geologicamente sono stati attraversati. E, come in un’opera di Escher, ci si sente esploratori in un viaggio quasi intimistico che compenetra più mondi, dalla luce alle tenebre. Non è un caso che il pozzo si sia chiamato per un breve periodo “Purgatorio di San Patrizio”. Un evidente collegamento alla leggendaria caverna irlandese, nella quale il santo avrebbe dovuto, per volere di Cristo, mostrare l’infernale abisso dell’aldilà ai fedeli più scettici. Un altro luogo di Orvieto dunque che porta in sé un’aura di sacralità. Dove lo sguardo che si alza trova, in quella che può apparire dal fondo come una stella, una possibile via di pacificazione spirituale.

Quel pozzo che avvolge, sfiorando l’abisso ultima modifica: 2019-05-08T16:39:34+02:00 da Alexandra Rosati

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