Una città non si conosce veramente finché, dopo aver appagato la vista, non ci si siede a tavola per gustare uno dei suoi piatti tipici. Le tradizioni che soddisfano il palato fanno parte di quel bagaglio culturale che è passato di generazione in generazione. Il termine ‘tradizione’ deriva dal verbo latino tradĕre, che significava ‘consegnare’. I più coscienziosi sanno che dare valore a ciò che si eredita fa parte di quell’antica saggezza popolare che merita di restare viva. Il piccione alla leccarda è una di quelle ricette che caratterizzano la cucina orvietana e che sono state consegnate da genitori a figli.
La cucina orvietana e le sue radici
La cucina orvietana ha origine da ricette antichissime, spesso di matrice contadina, e ci permette di assaporare un po’ del nostro passato migliore. E’ una cucina fondamentalmente povera, semplice e anche salutare. I piatti tipici vengono preparati con prodotti freschi e genuini, acquistati direttamente dagli allevamenti e dalle terre circostanti. Qui infatti la possibilità di mangiare ‘a chilometro 0’, come accadeva un tempo, è una realtà quotidiana. Inutile dire che tra i protagonisti della tradizione gastronomica locale c’è la carne di selvaggina, dal cinghiale al colombaccio. Ed è proprio dal nostro passato migliore, grazie alla storica trattoria ‘La Palomba’, che oggi possiamo gustare una ricetta assolutamente originale: il piccione alla leccarda. ‘La Palomba’ dunque diventa messaggera d’amore, e fa giungere fino a noi, un piatto davvero straordinario. Il piccione cucinato secondo una vecchia ricetta e la cui carne, nel Medioevo, era considerata addirittura un sublime afrodisiaco.
Foto di Laura Cinti
La trattoria e la sua storia
Questa bellissima trattoria, ricavata in uno spazio centenario e situata nel cuore di Orvieto, è gestita dalla famiglia di Giampiero Cinti. Conosciuto da tutti come ‘Ascaro’, porta avanti con infinita passione l’attività legata alla cucina orvietana, che un tempo era dei suoi genitori. Fondata infatti da loro nel 1965, con l’aiuto della sorella minore Giovanna, ha festeggiato da pochissimi anni il suo cinquantenario. La giornata del ristorante cominciava alle otto del mattino, per accogliere quelli che si alzavano prima dell’alba e arrivavano dalle campagne. Per colazione si prevedevano già piatti sostanziosi come lo spezzatino, pasta e fagioli, trippa o pane e porchetta, accompagnati da un buon bicchiere di vino. La cucina ha subìto una lentissima trasformazione, racconta Giampiero, mantenendo però rigorosamente la semplice tipicità di un tempo. Oggi la clientela è ampia, dagli affezionati clienti del luogo ai turisti, che se vengono ritornano o col passaparola mandano altri turisti.
La tradizione della famiglia Cinti
Quarant’anni fa ‘Ascaro’ andava col babbo a caccia di colombacci, considerati alimenti basilari della tradizione gastronomica umbra, che venivano cucinati in tantissimi modi diversi. Dopo circa dieci anni però, per motivi ambientali, le palombe smisero di passare e da lì pensarono di sostituire l’animale della vecchia ricetta col piccione. Al babbo fantasia e desiderio di dedicare tempo alla sperimentazione in cucina non mancavano di certo, così nacque ‘il piccione alla leccarda’. La carne aveva un sapore meno deciso, ma era più tenera e il nuovo piatto riscosse subito un gran successo. La storia della trattoria si arricchiva così di un nuovo ‘piatto forte’, segnando il proprio futuro e quello della loro città. Sempre più frequentata, la trattoria accoglie tutti, grazie anche alla presenza della splendida Enrica, con calore, gentilezza e simpatia. I profumi che arrivano dalla cucina inebriano i sensi e questo piatto lascia un segno indelebile nei palati più fini ed esigenti.
La ricetta nella cucina orvietana
Gli ingredienti della straordinaria cuoca Giovanna prevedono: piccione, aglio, rosmarino, salvia, cipolla, olive nere essiccate al forno e snocciolate, vino rosso, aceto, olio, sale e pepe. Il preparato ottenuto si mette a cuocere sul fuoco nella fatidica ‘leccarda’, un tegame allungato, utilizzato anticamente per raccogliere i grassi che colavano dagli spiedi. Il vino dovrà essere corposo e ristretto, l’antico rituale prevede infatti lunghi tempi di preparazione. Il piccione sarà accompagnato nel piatto da due bruschette condite col fondo di cottura. Non ci resta che augurarvi buon appetito!