Tra i più noti personaggi di Orvieto il primo che vogliamo ricordare è il giornalista e scrittore Luigi Barzini. Nacque il 7 febbraio del 1874, da generazioni di sarti e mastri drappieri, tra cui anche suo padre: “Il sor Ettore”. Costui, dopo essersi aggiudicato gli appalti per le caserme, avrebbe continuato a vestire la nobile famiglia dei Fumi e quella dell’archeologo Adolfo Cozza. Ettore importava le stoffe da Londra, città da lui considerata come la capitale del mondo moderno, sia da un punto di vista economico che politico. Fu da lì che fece arrivare la prima bicicletta mai vista a Orvieto.
La famiglia Barzini annovera storici personaggi di Orvieto
Ettore Barzini, anticlericale di sinistra e fanatico della libertà, era un uomo elegante, creativo, determinato e di grande fantasia. Nel 1881 inventò uno strumento per misurare l’altezza delle reclute e i loro capi di vestiario come il pastrano, la giubba e le uose. Dette vita, in questo modo, al cosiddetto Antropometro Barzini. L’antropometrico italiano oggi si trova nella casa toscana dell’omonimo nipote di Luigi Barzini, a Magliano. Luigi era il primogenito di Ettore, da lui ereditò eleganza ed eccentricità. Soprannominato ‘Gigetto’, concluse le scuole elementari senza eccellere, ma poco dopo si notarono in lui una predisposizione per la scrittura e un talento nel disegno. Il padre, sperando di coinvolgerlo nell’attività familiare, gli fece frequentare la sezione di ragioneria nell’Istituto Tecnico di Perugia. Questo genere di studi però non lo appassionava e dopo diversi esami andati male, alla morte del padre, rientrò a Orvieto. Lasciata la sua casa natale all’interno della Fortezza dell’Albornoz, si trasferì con il tutore e i fratelli sempre nel centro storico, presso la famiglia Cozza.
Il momento dell’estro e della passione
Dopo essersi impegnato come sarto nel distretto militare, si vide togliere il posto di lavoro da un ispettore ministeriale che non gli riconobbe la qualifica. Gli succedette, come capo sarto, un certo Benedetto Burli. Da quel momento Luigi diede sfogo ai suoi più sinceri istinti, legati al disegno e alla scrittura. Trascorreva gran parte del suo tempo al Caffè Martini, abbozzando caricature e scrivendo lettere contro quelli che lui definiva i ‘parrucconi’ della città. La sua sicurezza economica si stava sgretolando e la sua vita orvietana era sempre meno stimolante. Decise dunque di lasciare quella che ormai definiva “la più nobile Città del Silenzio” per recarsi, in bicicletta e con pochissimo denaro, a Roma. Aveva ventiquattro anni e un solo sogno, quello di vivere lavorando per un giornale. Fu grazie a Ettore Maroni, conosciuto durante il periodo perugino, che entrò nella redazione del Fanfulla, realizzando ‘articoli pupazzettati’. Erano divertenti caricature accompagnate da brevi didascalie.
L’inizio di un lungo viaggio
Nel 1899 Luigi Albertini, all’epoca segretario di redazione del Corriere della Sera, lo assunse come ‘redattore viaggiante’. Ebbe così inizio la sua vita itinerante, all’inseguimento di ciò che accadeva nel mondo. Il suo primo viaggio fu a Londra. Seguirono Parigi, Pechino, il Golfo del Bengala, la Siberia, Israele, l’Argentina, Mosca, Belgrado e il Giappone. Quest’ultimo, teatro della guerra russo-giapponese, rappresentò una tappa fondamentale della sua carriera giornalistica. “È il 12 marzo. Il rombo del cannone si fa ancora sentire, sebbene lontano, verso il nord. Ma la terribile battaglia si può considerare finita. Attorno alla sacra, vecchia capitale della Manciuria è tornato l’antico silenzio. Anzi, una quiete più che mai profonda alita sopra le deserte fumanti rovine e sui distrutti villaggi popolati da una funebre folla di cadaveri senza numero”. Il reportage che fece nel 1905 sulla battaglia di Mukden ha fatto la storia del giornalismo. E le sue corrispondenze di guerra sono ancora fonte grande ammirazione.
Dal Corriere della Sera a New York: Luigi Barzini
Il suo lavoro al Corriere proseguì intenso e dinamico, come la sua vita, proprio grazie a ciò possiamo considerarlo uno dei più illustri personaggi di Orvieto. Nel 1907 si unì all’equipaggio del principe Scipione Borghese nella gara automobilistica Pechino-Parigi. Un paio di anni dopo si recò a Messina, per trovare una città atrocemente devastata dal terribile terremoto. Successivamente descrisse per il giornale le guerre balcaniche, la guerra civile messicana, la prima guerra mondiale da Parigi a tanto altro ancora. Nel 1923 invece decise di fare un grosso investimento fondando a New York il Corriere d’America, un quotidiano per gli immigrati italiani. Qui rimase per otto anni con la sua famiglia, dove gli affari purtroppo presero una brutta piega. Scelse quindi di rientrare in Italia e nel 1932 divenne direttore del Mattino di Napoli. La sua vita politica fu altrettanto movimentata. Nel 1934 venne nominato senatore del regno e si ritrovò a Roma come redattore del Popolo d’Italia, organo ufficiale del Partito Nazionale Fascista.
Gli ultimi anni della sua vita
Durante la seconda guerra mondiale perse le tracce del figlio Ugo, che aveva disertato, e successivamente venne arrestato il figlio Ettore, militante dei GAP. Nella speranza di ottenere la sua liberazione iniziò la sua collaborazione con la Repubblica di Salò. Si trasferì anche a Milano accettando la direzione dell’Agenzia Stefani, agenzia di stampa del regime. Darà le sue dimissioni nel 1945, dopo aver saputo della morte di Ettore in un campo di concentramento tedesco. Dopo la liberazione, a causa dei suoi trascorsi filofascisti, fu interdetto dall’esercizio della professione giornalistica. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nell’indigenza, per spegnersi nel settembre del 1947. A suo nome è stato istituito nel 1990 il premio giornalistico “Premio Luigi Barzini all’inviato speciale”. E la sua città, orgogliosa di annoverarlo tra i personaggi di Orvieto, gli ha intitolato la scuola elementare del centro storico, situata in Piazza Marconi.